Una capanna per Gianni
“Quando lo ricordo, lo penso in montagna, lassù, al Sinel”. Si incrina e trema leggermente la voce di Agnese, la mamma di Gianni Pedrinolla. Poi riprende con un sorriso che tradisce una punta d’orgoglio. “Stava concludendo l’università, c’era la tesi da preparare, e alla fine dell’anno si è laureato brillantemente. Insomma un bell’impegno, ma quello del bivacco da costruire era un pensiero fisso e nei momenti liberi o nei fine settimana non c’erano scuse, bisognava andare, essere lassù a lavorare. Stessa cosa l’anno seguente, il 1978: stava prestando servizio militare ma ogni licenza era dedicata al Sinel, non faceva in tempo ad arrivare a casa che partiva zaino in spalla, non lo vedevamo che per poco”.
I ricordi di papà Lamberto, che al Sinel è salito più volte anche per dare una mano, sono improntati a spirito più pratico: “c’era sempre un gran trambusto e un gran da fare qui da me, in officina, un viavai di amici e ‘meccanici’ …e così ad un certo punto i m’ha desfà anca ‘na moto”.
Eh già, del “Galletto” Guzzi sono rimaste le ruote e la carrozzeria. Il motore? Quello se n’è andato al Sinel, è diventato il primo motore della teleferica.
“Non la usavo quella moto, ma pensavo di venderla. Però ne è stato fatto un buon uso perchè quella della capanna è stata davvero una bella impresa. Gianni non parlava molto, qui in casa, di come procedeva il lavoro su in montagna; del resto era uno di poche parole. Ma da quell’avventura era tutto preso e credo abbia anche battagliato, abbia avuto i suoi scontri con qualcuno, soprattutto per decidere il posto giusto dove doveva sorgere il rifugio. Di certo ci credeva e ci ha lavorato molto, trovando e trascinando nell’impresa molti amici. Ha mollato un po’ solo negli ultimi tempi della costruzione, perché aveva cominciato una sua attività autonoma e aveva molti impegni”.
“Non aveva ancora la morosa –aggiunge la mamma–, ma è come se quella capanna fosse la morosa, le dedicava tempo e pensieri, se la sentiva proprio sua.”
“Io sono arrivata dopo –ricorda Maria Grazia– l’ho conosciuto che già la capanna c’era. Gianni non amava soffermarsi più di tanto sulle cose già fatte, s’entusiasmava piuttosto per un progetto, un’idea nuova, per qualcosa da inventare e da realizzare. Però si capiva che di quel lavoro, di quella capanna andava orgoglioso.
Quando ne parlava gli ridevano gli occhi; poi magari piegava un po’ la testa di lato, accennava un sorriso e prendeva un’aria assorta, come se scappasse via in una dimensione tutta sua, come se ritornasse in un bel sogno avventuroso di ragazzo. Poi quel sogno si è spento… così, all’improvviso”.
La “sua” capanna, una capanna per Gianni.
Il piccolo rifugio della S.A.T. era stato ultimato e inaugurato il 29 agosto del 1982. Solo un anno dopo, l’11 settembre 1983, una tragica fatalità si portava via la giovane vita di Gianni Pedrinolla
Non ci fu alcun dubbio quando si trattò di intitolare la Capanna “Al Sinel” a qualcuno. Non poteva che essere la “sua” Capanna.
“Con Gianni –ricorda Silvano Cumerlotti– coltivavamo da tanto tempo l’idea di costruire qualcosa lassù; se ne parlava spesso. Con lui avevamo anche cominciato ad attrezzare una vecchia galleria della prima guerra mondiale. Beh non che fosse un granché comoda, ma era un primo passo per avere qualcosa di ‘nostro’ sulle ‘nostre’ montagne.”
“Me la ricordo ancora quella gita con lui a Cima Carega, –racconta Eugenio Zambelli– una delle tante che facevamo assieme. Ritornavamo dal Fraccaroli, come sempre affollato e piuttosto ‘rumoroso’. Ci siamo seduti un momento a Prato Sinel, poco distante da dove adesso c’è la Capanna, per goderci un po’ di silenzio e gli ultimi raggi di sole e lì, tutto a un tratto Gianni se ne esce con un “certo che ci starebbe bene qui un piccolo bivacco, si potrebbe costruirlo!” Devo avergli lanciato un’occhiata piuttosto scettica; poi mi son messo a fare ‘l’avvocato del diavolo’, elencando possibili difficoltà: burocrazia, permessi, trasporti, costi… Non mi ha dato tanta corda : “sciocchezze, problemi superabili, si può fare!” Beh alla fine ha avuto ragione lui. Del resto non era certo Gianni il tipo che si lasciava scoraggiare o che si fermava di fronte alle difficoltà pratiche, alle cose da fare…”
“Era l’inverno del 1975 –ricorda Luigi– con Gianni ed altri eravamo partiti nel pomeriggio, sci, pelli di foca, ramponi. In programma una due giorni: cima Levante, Sinel, cima Carega, passo Pertica e traversata dei Lessini. Abbiamo deciso di pernottare o almeno di riposarci un po’ sotto cima Levante, in una galleria che ci eravamo attrezzata. Attrezzata? Beh, lo credevamo! Abbiamo battuto i denti e ci siamo inzuppati d’acqua per il continuo gocciolio dalla volta. Abbiamo rinunciato e siamo saliti al Fraccaroli, nel rifugio invernale.
Non che le cose andassero meglio: l’umidità era quasi quella della galleria, si stava strettissimi ma non serviva a riscaldarci. Io e Gianni ci siamo sistemati sopra un tavolo, Silvano sotto… perché lui aveva un materassino! Ma di lì a poco è andato a mollo: il materassino era bucato! Abbiamo cercato di combattere freddo e umido anche con le risate, prendendolo in giro per essersi dimenticato mastice e toppe per aggiustarlo. In realtà, e credo lui non lo sappia ancor oggi, quel materassino glielo avevo bucato io, inavvertitamente, con i ramponi. Appena ha albeggiato siamo ripartiti in fretta, infreddoliti, più stanchi di prima, e con Gianni che continuava a ripetere “ci vuole un punto d’appoggio più comodo e caldo al Sinel, bisogna costruire qualcosa”. Siamo arrivati giù di volata a passo Pertica. Ma a quel punto non ce la facevamo più e, se ricordo bene, qualcuno aveva anche rotto uno sci. Così siamo rientrati, con Gianni che continuava a ripetere “così non si può fare, ci vuole un punto d’appoggio al Sinel”. Un vero chiodo fisso quello, per lui! Ma alla fine ha convinto tutti!”
La cerimonia di intitolazione della Capanna al Sinel a Gianni Pedrinolla si tenne il 26 agosto del 1984. Riportiamo alcuni brani del discorso pronunciato in quell’occasione da Antonio Zinelli a nome della S.A.T. di Ala; parole semplici ma che esprimono con sincerità l’affetto degli amici satini per Gianni, la stima e la riconoscenza per il suo entusiasmo e il suo lavoro, ma anche il senso più vero e profondo di quella piccola avventura che ha portato alla realizzazione del nostro rifugio.
“…Come per la maggior parte delle opere che vediamo realizzate è difficile stabilire un’unica paternità dell’idea originale, così anche nel caso della costruzione di questa Capanna non ci è possibile riconoscere un solo ideatore o è difficile ora identificarlo.
C’è stato comunque un piccolo nucleo di Soci, e tra questi c’era Gianni, che ha coltivato, divulgato e concretizzato l’aspirazione a costruire qualcosa quassù.
Si è cominciato col recuperare la corda portante e traente di una teleferica abbandonata in Val Bona e si è continuato con ideazioni e costruzioni di motori, verricelli e sistemi vari per far arrivare quassù il materiale dalla sottostante cava dei fratelli Zomer. È stato senz’altro questo, sia per l’esiguità del numero degli adepti, sia per l’avventura e l’entusiasmo di una nuova iniziativa, il periodo più eroico della piccola storia di questo luogo. Si sono affrontati rischi notevoli, si sono corsi temerariamente dei pericoli, si sono superate anche vivaci diversità nell’affrontare e nel realizzare le idee.
Ne ricordo una ad esempio, che può sembrare un aneddoto, in merito all’ubicazione della costruzione: Gianni infatti si batteva e sosteneva che la capanna o il bivacco, come allora si diceva, dovesse sorgere proprio sul bordo del vallone, nella trincea, quasi a sbalzo… forse per poterlo vedere poi dalla sua casa di Schincheri!
Sono seguiti anni di lavoro più o meno intensi, quasi un cantiere permanente in quota. Abbiamo trovato la collaborazione di tante persone e l’aiuto di tante altre. Le pause invernali servivano a riorganizzare le idee e i mezzi, ed anche allora non sono mancati momenti di difficile intesa, anche tra i membri del Direttivo, sempre però sul da farsi.
La Capanna al Sinel è stata ultimata, inaugurata due anni fa e l’utilizzo ne è risultato agevole e di generale soddisfazione. A questo proposito vorremmo rivolgere, principalmente ai giovani, ma comunque a tutti coloro che intendono usufruire di questa struttura, il semplice invito a comportarsi quassù come se fossero nelle loro case…
Gianni, negli ultimi periodi, quando ci si incontrava e il discorso scivolava sul Sinel, commentava con il suo modo abituale e scanzonato l’andamento delle operazioni, ma non seguiva più assiduamente i lavori, pur provando per questo rammarico e nostalgia. Erano sopravvenuti grossi impegni nella sua vita: il lavoro, l’avvio professionale, la famiglia. Quando tutti o quasi questi obiettivi sembravano tenacemente raggiunti, un beffardo destino lo coglieva tragicamente, in un ambiente e in un elemento a lui certamente poco consueti.
Un mese più tardi, ai primi di ottobre -la cosa era già programmata-, ci trovammo qui al Sinel con tutti i componenti la squadra del Soccorso Alpino di Ala per una serie di esercitazioni e rimanemmo la notte a dormire. Fu in quella sera, qui dentro, parlando e ricordando, che sentimmo anche fisicamente l’assenza del nostro amico e nacque l’idea di ricordarlo quassù, dove molto c’era di suo.
Ecco l’intitolazione della Capanna a Gianni Pedrinolla, che non vuole mitizzare il passato né celebrare le gesta di un eroe. Si vorrebbe solo, con questa iniziativa, ricordarlo nel modo più semplice, quello in cui Lui forse avrebbe voluto farsi ricordare.
Vorremmo che questa targa potesse esprimere un attestato di stima e di degno ricordo per un Amico il cui esempio additiamo specialmente ai giovani.
Questa dedica vuole anche onorare la Famiglia di Gianni, vorrebbe confortare in qualche modo Maria Grazia, siamo certi comunque che lascerà una valida eredità morale alla piccola Beatrice che ha avuto la sventura di perdere il suo papà e la sfortuna di non conoscerlo.
Noi della S.A.T. infine, convinti che quanto è stato realizzato quassù, prima, durante e dopo, è il frutto dell’amore per un ideale, dell’unione e dell’amicizia, saremmo orgogliosi se dalla dedicazione della Capanna a Gianni si diffondesse oggi un messaggio per un po’ di amicizia da portare con noi e di unione serena per tutti. Con questo desiderio e con tale auspicio rendiamo visibile la targa che da oggi darà il nuovo nome a questa costruzione e lascerà duraturo ricordo di un Amico e di un Uomo.”
Le poche ma sentite parole di ringraziamento che i genitori di Gianni vollero inviare in quei giorni alla S.A.T. suggellano il senso di quella semplice cerimonia ed esprimono un sentimento condiviso e profondo che ancora unisce gli “amici del Sinel”.
“Siamo stati particolarmente commossi dal desiderio di tutti i Soci di voler dedicare la Capanna a Gianni. È con profonda e sincera gratitudine che ci uniamo a voi, non dimenticando che questa vostra scelta è come un segno di continua stima e di grande amicizia che ci tiene sempre legati a Lui: uno non muore mai veramente finché resta qualcuno a ricordarlo.
Ancora un grazie e un abbraccio a tutti.”
Agnese, Lamberto e familiari
Quel 26 agosto del 1984, con l’intitolazione della Capanna a Gianni Pedrinolla, si chiude in un certo senso il periodo che, pur non volendo cadere nell’enfasi o nella retorica, potremmo chiamare “eroico” di questa piccola storia.
Tratto dal libro “…la nostra casa …tra i monti” – La Capanna “Gianni Pedrinolla” al Sinel nel 25°dall’inaugurazione 1982-2007 di Paolo Mondini